sabato 31 ottobre 2009

Al diavolo Halloween!


L’aveva notata all’ingresso della facoltà, mentre con una mano reggeva stretti al petto gli enciclopedici appunti di Simona, intenta ad accendere l’ennesima sigaretta, e con l’altra tastava il ciuffettino di barba, appena sotto l’orecchio destro, dimenticato per la troppa fretta.
Poi tutto era venuto da sé: scambio di sguardi, lei che si trattiene disinvolta più del dovuto davanti al calendario d’esami, sorrisini, ma si dammi una sigaretta anche a me che ancora è presto, ma non avevi smesso di fumare, la conosci quella ragazza che frequenta il tuo corso, si certo è la cugina del mio ex, occhiate eloquenti prima di entrare in aula.
Al resto ci aveva pensato Simona, anche se, Roberta, così si chiamava, aveva manifestato profonda complicità:
Che fai ad Halloween, caffè e sigaretta, stiamo organizzando all’Arcadia ti do gli inviti porta gente, io non ci sarò magari lo dico al mio amico di stamattina, carino l’amico tuo, ma non lo vedo spesso, dai lo chiamo io più siamo meglio è, e compagnia bella.
Ecco il numero. Ed il gioco è fatto.
Era andata, era solo da amministrare bene la situazione adesso.
Novantesimo minuto sopra di due gol.


- Quando le ho detto che non avevi un cellulare, e che ti avrebbe dovuto chiamare su un numero fisso per darti gli inviti si è messa a ridere, ed avrà sicuramente pensato che sei l’unico idiota che nel 2004 ancora non ha un cavolo di cellulare. Ma tranquillo, non le ho detto che scrivi battendo a macchina perché odi il computer e che ascolti la musica tassativamente su nastro e su vinile. Quanto sei strano lascio che sia lei a scoprirlo, anche se comunque Roberta è una che non va tanto per il sottile. –


Il dito che affonda sul tasto, l’asta che batte sulla carta imprimendo la lettera sul foglio, il rumore metallico della leva per andare a capo…
Scrivere al computer non avrebbe potuto mai e poi mai donargli queste sublimi sensazioni, e Luca non avrebbe mai e poi mai rinunciato a questo piacere viscerale. Come d’altronde, quando con meticolosa precisione appoggia la punta del giradischi tra i solchi del vinile, e ogni tanto dalle casse arriva uno leggero scricchiolio, perchè magari il disco non è più nuovo come una volta.
Rolling Stones, You gotta move, stasera ci sta tutta, questo credo debba aver pensato Luca, abbassando leggermente il volume e piazzandosi davanti alla macchina da scrivere.
Tanto il telefono era lì, ben in vista sul mobiletto frontale, doveva solo squillare, lui avrebbe alzato la cornetta e domani festa di Halloween con la tipa. Non si sentiva tagliato per queste cose a dire il vero, ma si sa, le persone che ci colpiscono veramente sono quelle che ci fanno fare le cose più assurde. Poi Halloween tutto sommato non è mica andare al Carnevale di Venezia con mascherine e coriandoli, o vestirsi da Babbo Natale il 25 Dicembre. Di certo non ci sarebbe andato in giacca e cravatta, ma una telefonata a Simona e tutto sarebbe andato liscio. Lei avrebbe risolto come sempre i suoi problemi.
Certo, l’unico problema al momento era il telefono, che non ne voleva sapere di squillare. E squilla dai…Ma si, meglio mettersi a scrivere un pò, che quando c’è l’adrenalina dentro, vengono fuori le cose migliori.
Che poi questa Roberta era proprio bella. Poi se ci aggiungiamo il profilo da divoratrice di uomini emerso dai discorsi di Simona, ce n’era abbastanza per esaltarsi. Alta quando basta, viso acqua e sapone, occhiali da donna in carriera, formosa quando basta, e anche qualcosa in più. A dirla proprio tutta, se proprio era il caso, valeva anche un travestimento da Uomo Lupo o da Conte Dracula. Dai forse anche da Power Ranger…
Ecco il telefono che squilla, un colpetto di tosse con la mano pronta ad alzare la cornetta, e via.
- Pronto? –
- Pronto? –
Una voce maschile. Oddio, chi è questo ora, pensò Luca. E poi “pronto” lo dico io casomai…
- Come pronto? Scusi chi è lei? –
- Chi sono io? Lei chiama ed io dovrei dirle chi sono? Lei dovrebbe dirmi chi è giovanotto! Funziona così, sa? –
- No guardi, io ho sentito squillare il telefono, ho alzato la cornetta e ho detto “pronto”, credo che funzioni bene anche così…-
- Ah, lei mi sta prendendo per pazzo quindi? –
- No, no non mi permetterei…-
- E invece è questo che lascia intendere, sa? –
- Guardi, mettiamola così, ci sarà stata un’interferenza, abbassiamo la cornetta, e chiudiamola qui…-
- Ma ce n’è gente pazza in questo mondo, sa? –
Luca non fece in tempo a dire niente, il tizio aveva chiuso rapidamente la chiamata. Restò un paio di secondi pensieroso con la cornetta all’altezza dell’orecchio dalla quale ora gli giungeva solo il ritmato “tu..tu..tu..tu”. Abbassò e si rimise a sedere davanti alla macchina.
Primo colpo di tasto, seconda telefonata.
Stavolta era lei dai…
- Pronto? –
- Pronto? –
- Oddio…-
- Giovanotto non è per niente divertente, sa? –
- Guardi, le assicuro che il mio telefono ha squillato, io ho alzato la cornetta e mi sono ritrovato di nuovo lei…ma non è che sbaglia a comporre il numero? –
- Comporre il numero? ma guardi che io non compongo un bel niente, sa? E’ lei che mi chiama, io mi limito solo a rispondere, sa? Ma questo gioco non è più divertente, mi vuole dire cosa vuole da me? –
Luca sbuffò, appoggiò la cornetta per un paio di secondi sulla spalla e si passò una mano sulla fronte. Poi riprese con tono pacato.
- Senta signore, lei dice di non aver chiamato, io le assicuro che ho fatto altrettanto…beh, c’è qualcosa che non va evidentemente...le ripeto, magari un’interferenza…com’è il suo numero scusi? -
- Giovanotto non credo alle sue fantasticherie, sa? Lei non prende in giro nessuno! E poi il mio numero lo sa benissimo visto che continua ad importunarmi! –
- Senta… per favore…aspetto una telefonata importante, lasciamo perdere. Stia tranquillo, domani chiamo i tecnici della Telecom e faccio dare un’occhiata…più di questo non so davvero cosa dirle…-
Il tipo riattaccò prima che Luca potesse finire. E lui fece di conseguenza.
Rimase stordito a fissare l’apparecchio. Alzò la cornetta e la riportò all’orecchio. Tutto regolare. Almeno dava questa impressione. Doveva sincerarsene però.
La rialzò e compose velocemente un numero. Dava libero. Oddio e se risponde quel tipo…
- Pizzeria Galaxy Express, buonasera –
Luca tirò un sospiro di sollievo.
- Ciao sono Luca, scusa cercavo Simona, ci sta? –
- No guarda, Simona oggi riposa, mi dispiace…-
- Va bene fa niente, ciao scusa –
Lo sapeva che Simona il Giovedì riposava, ma doveva pur provare il telefono.
Si tranquillizzò un pò e si diresse verso il frigo in cucina per un sorso d’acqua.
Prese la bottiglia, ma prima che potesse avvicinarci il muso la ripose nell’apposito scomparto del frigo. Il telefono squillava.
Dai prima aveva funzionato.
- …Pronto?....-
- Pronto un bel niente giovanotto, chiamo i carabinieri, sa? Ma chi crede di prendere in giro? Mi dica il suo nome che sporgo subito denuncia, sa? –
- Stefani Luca, Via Legnano, 12. Mi denunci pure. – disse risoluto, per nulla intimorito.
- Signor Stefani Luca, le faccio passare abbastanza guai se questa storia continua, sa? –
- Senta…le torno a ripetere…sto aspettando una telefonata abbastanza importante…se proprio pensa che sia io a chiamarla metta il telefono fuori posto e vada a letto, oppure mi denunci…faccia un po’ come crede. –
- Mettere il telefono fuori posto io! Ma lei…-
Luca riattaccò.
Scosse la testa, pensando che fosse davvero bizzarro quello che stava succedendo, ma l’indomani avrebbe chiamato davvero la Telecom, e più sarebbero stati i soldi che gli avrebbero scucito, più sarebbe risultata razionale la soluzione.
La gola gli bruciava, prima aveva alzato un po’ il tono, e per giunta non era riuscito ancora a placare la sete. Pensò alla sigaretta della mattina, che forse aveva accentuato il mal di gola che lo perseguitava da un paio di settimane, e come al solito, conciliò con la sua coscienza che sarebbe stata davvero l’ultima stavolta.
Aprì il frigo, e senza abbassarsi fece per tirare su la bottiglia dell’acqua dallo scomparto. Poi ci ripensò, si calò a verificarne il contenuto, e con enorme soddisfazione notò che un brick da 200ml di succo alla pesca era ancora in fondo, ben mimetizzato. Mentre allungò la mano per tirarlo via, squillò inesorabilmente il telefono. Colto di sorpresa, battè la testa, il pezzo di grana vicino al brick cadde sul recipiente celofanato della passata, il recipiente di vetro cadde sulle bottiglie del latte, rigorosamente anch’esse di vetro, e le bottiglie di vetro, unite a tutto il resto, si infransero per terra. C’era talmente tanto di quel vetro sparso che per un attimo pensò di essere passibile di denuncia da parte di quelli della raccolta differenziata.
Con la mano sulla testa a saggiare il bozzo che si era procurato, si voltò verso il telefono che continuava a squillare. Con una breve rincorsa, degna del miglior Roberto Carlos, diede per rabbia un calcio ad un collo di bottiglia rotto con l’etichetta del latte ancora attaccata per metà, facendolo finire sotto il divanetto, e si precipitò di corsa nell’altra stanza.
Si fermò davanti al telefono. Si passò l’intero braccio sulla fronte ad asciugare il sudore, e si morse il labbro inferiore, mentre faceva scivolare lentamente la mano sulla cornetta, con la stessa prudenza di chi deve disinnescare un ordigno. Ma si, alziamola.
- Pronto! – Deciso.
- Pronto? –
- Eh… Pronto…buonasera, scusi l’orario innanzi tutto…cercavo Luca…Luca Stefani…è in casa? Sono Roberta…-
- Sono il padre signorina Roberta, mi dispiace Luca non è in casa, sa? -
Luca resto con la cornetta incollata all’orecchio a bocca aperta, chiudendola ogni tanto per pronunciare invano la parola clou della serata. Pronto.
Non che le telefonate di prima non sconfinassero nell’irrazionale, ma questa andava ben oltre. Ascoltava un’assolutamente improbabile telefonata tra il signore di prima e Roberta. Senza poter intervenire per giunta. Ma che storia è mai questa pensò…
- Gli può dire di richiamarmi? Sempre che non torni eccessivamente tardi s’intende…in alternativa di passare in facoltà domattina…così gli consegno i biglietti per la festa di domani sera all’Arcadia…-
- Roberta, mi dispiace tanto, sa? Luca sta via tutta la settimana ( Luca, in devoto ascolto, diede un pugno al muro facendo cadere il quadretto di nonna Adele, posto sapientemente da sua madre sopra il telefono. Mandandolo in frantumi naturalmente…) Sa com’è, è andato a trovare la ragazza in Sicilia, si dovrebbero sposare presto se tutto va bene…-
Luca si mise quasi a piangere, mentre continuava a disperdere vetro per tutto il pavimento, fin dove si poteva spingere la furia dei suoi calci.
- Ma lei davvero è il padre? Ha una voce così giovanile…-
- Beh Roberta, sa… da quando la madre di Luca è scappata con un africano, ho cercato di mantenere una linea giovane sia nello stile di vita che nell’aspetto –
- Ma si, ha fatto benissimo! E poi scommetto che è anche un gran bell’uomo! -
Roberta liberò una risatina, tanto maliziosa che fece ribollire di rabbia il sangue nelle vene di Luca.
- Ma perché non ci viene lei all’Arcadia domani sera? Mi farebbe così tanto piacere conoscerla …-
tu.. tu..tu..tu...tu..tu..
La linea era caduta di colpo. Proprio sul più bello. Sul più bello si fa per dire.
Luca abbassò e rialzò la cornetta, ma niente, dava libero come d'altronde doveva essere.
Il cellulare di Simona era irraggiungibile, e per giunta doveva dare una generica sistemata al casino che aveva combinato.


- Ho capito quale Roberta dici, ma stamattina mi sa che non è venuta a lezione –
La ragazza cicciottella e saputella, guardò Luca sistemandosi gli occhiali sul naso, con un’aria di velata commiserazione, come per dire, ma che ci perdi tempo a fare dietro a quella.
Non era andata a lezione. E doveva essere davvero così se lo diceva la ragazza cicciotella e saputella che Luca incrociava a qualsiasi ora, in qualsiasi aula, a qualsiasi lezione, a qualsiasi esame. Come facesse ad essere ovunque se l’era sempre chiesto. Un mistero tanto celato che a confronto il Triangolo delle Bermuda gli appariva come un rebus della Settimana Enigmistica.


- Si signora, va bene quella…quanto le devo? –
Dai, la maschera di Michael Myers era adattissima. 20 euro spesi bene. E non solo perché cadeva a pennello, in pieno clima Halloween, ma soprattutto perché così sarebbe potuto rimanere in jeans, senza ricorrere a travestimenti molto vistosi. Poi Simona lavorava, e non contare sul suo aiuto, che si sarebbe sicuramente rivelato provvidenziale come sempre, era già un bel grattacapo.


L’Arcadia era uno di quei tipici locali di periferia, che si modificava camaleonticamente ad ogni cambio di tendenza. Era stata una balera sul finire degli anni 70, una discoteca negli anni 80, poi cadde un po’ in declino, chiuse, riaprì, fu coinvolta nel giro delle estorsioni e data più volte alle fiamme, ma alla fine era sempre lì. E a nulla serviva che le varie gestioni che si susseguivano negli anni, le cambiassero il nome per apportare una ventata di novità, l’Arcadia era sempre l’Arcadia.
Tutte le vicessitudini alle quali era andata incontro nel corso degli anni, le conferivano, suo malgrado, un aspetto solenne, che nemmeno la nuova abbagliante insegna e le pennellate rosa pallido sulle pareti dell’entrata riuscivano a scalfire. Adesso era quasi a tempo pieno “sacrificata” alle attività dell’ateneo: corsi, stage, dibattiti, cine-forum, ma non mancava mai di dar alloggio alle attività più mondane, come la festa di quella sera.
- Ciao, senti, ho dimenticato l’invito, ma dentro ci deve essere Roberta, una mia amica, credo che sia tra gli organizzatori…-
- Roberta? Ma certo! Tutti siamo amici di Roberta, e se non lo siamo lo saremo presto…-
Il tipo sulla porta era una perfetta riproduzione di Gomes della famiglia Addams, con tanto di sigaro acceso che non levava dalla bocca nemmeno per parlare, cosa che a dire il vero gli conferiva un’aria più da gangster stile “C’era una volta in America” che da mostro.
- Dai tranquillo, entra pure che stasera non lo facciamo mica il pienone mi sa…-
L’ingresso era in penombra, illuminato solo da due grosse zucche poste in cima alle scale.
Luca cominciò a scenderle lentamente, un piede per volta, aggrappato al passamano, messo in difficoltà più dalla maschera, che limitava notevolmente il suo raggio visivo, che dalla penombra.
Già la musica arrivava forte alle sue orecchie, nonostante fosse a metà scalinata e l’impatto, quando mise piede nell’immensa sala, fu abbastanza fastidioso per i suoi timpani.
Anche qui era l’effetto penombra a far da padrone,dal momento che le uniche luci che giungevano nitide erano quelle del bancone del bar, ed in lontananza quelle degli strobo.
Si girò un po’ intorno alla ricerca di Roberta, ma si vergognava da matti a dover squadrare meticolosamente le ragazze mascherate, dal momento che sia l’oscurità, sia i più bizzarri travestimenti, rendevano assolutamente difficile risalire a qualsiasi viso umano.
Decise quindi di far una breve sosta al bar, che tra l’altro, essendo una delle zone più illuminate, gli consentiva di godere di una prospettiva migliore. Si fece largo tra mummie, zombie e vampiri e conquistò uno sgabello di fronte all’immenso bancone, ordinò un Southern Comfort liscio e si levò la maschera per bere.
- Ehi ciao! Che ci fai qui anche tu? –
Luca si voltò riconoscendo la voce ma non riuscendo ad abbinarle immediatamente un volto.
La ragazza cicciottella e saputella? E che ci fa qui…
- Ehi ciao…-
Ma che bisogno c’era di travestirsi da darkettona? Avrebbe fatto un gran figurone anche al naturale…
- Non pensavo fossi un tipo da feste del genere…-
Tu invece si? Ed io che credevo vivessi in un monolocale sull’attico della facoltà…
- Beh, a dire il vero mi ci hanno invitato…-
- Ah, ho capito tutto…ti ha invitato Roberta. La ragazza che cercavi oggi…-
Ah, allora sei intelligente sul serio…ma quello sguardo pietoso che mi rappresenta?
- Beh…si…-
- Comunque se ancora non l’hai vista, sta di là a ballare… Ma non credo possa riconoscerti per come sta combinata…ciao tesoro, ci si vede in facoltà…-

Luca mandò giù il Southern di getto, chiudendo d’istinto gli occhi e storcendo il muso in una smorfia tanto caratteristica da poterci mettere il copyright sopra. Poi da rituale, si passava entrambe le mani sul volto, ed i suoi pensieri, chissà perché, andavano sempre a pescare nei cunicoli della memoria, l’immagine di nonna Adele che gli infilava, senza fronzoli, il cucchiaio con la medicina amara in bocca, mentre lui era seduto sul lettone.
Tornò ad essere Michael Myers, e si diresse verso la pista dimenticando per un istante quanto potesse rivelarsi una sofferenza per lui, che già in un autobus entrava in panico claustrofibico, dover condividere con così tanta gente quei pochi angusti metri quadrati. Quasi al buio per giunta.
Eccola lì Roberta.
Una strega che si dimena su di un cubo come in un folle sabba, posseduta dall’intercedere ossessivo del ritmo della musica.
Non c’è tantissima gente a dire il vero, ma quella poca che si concede gli onori della disagevole pista centrale, lo fa con la consapevolezza, di chi sa di poter essere scambiata di li a poco per un ammasso di sardine. Luca si divincola tra cumuli di braccia sudate, gambe impazzite, seni straripanti, cercando di aprirsi un varco, spingendo quando lo si rende necessario, con la testa su per aria per non perdere di vista il “sentiero”. Si gira a chiedere scusa al mastodontico Frankenstein al quale ha pestato il piede, Roberta non è più sul cubo.
Si sente smarrito, come se dovesse soccombere da un istante all’altro all’ammasso di corpi che lo inghiottisce nella semioscurità.
Il respiro si fa affannoso. L’aria diventa pesante. Marcia. A tratti putrida.
Avverte qualcosa di non comune, per un istante, solo per un istante, breve quanto il passaggio del raggio di luce degli strobo che per un attimo sfreccia davanti ai suoi occhi. Poi lo assale una sensazione a pelle, una di quelle che ti dicono che è meglio se te la squagli, ed anche in fretta. Sgomita per sottrarsi alla folla, ma non riesce a sottrarsi alle sue sensazioni.
Il raggio di luce si riaffaccia dalle sue parti, giusto in tempo per capire che lo zombie che gli sta di lato ha un’aria troppo da zombie per non essere uno zombie. E che il morso che lo raggiunge sul collo, facendolo contorcere dolorosamente è vero, vero come il sangue che comincia lentamente a sgorgare. Troppo da vampiro per non essere un vampiro.
Luca si ritaglia a stento uno spazio al di fuori dell’inumano ammucchiamento informe che ristagna nella pista da ballo, si aggrappa ad uno sgabello, che barcolla al suo peso. Vorrebbe aggrapparsi alla vita invece, ma sente che ormai è andata.
Il quarto uomo ha alzato il cartello con il tempo di recupero sul due a zero per gli altri stavolta.
Non ce la può fare.
- Giovanotto, si sente bene? Secondo me a bisogno di uno dottore, sa? –
Luca cade a terra. Un pozzetto di sangue si forma sul pavimento intorno al suo viso.
L’uomo vestito bizzarramente, gli dà le spalle e si allontana avvinghiato alla streghetta Roberta.
Luca con l’occhio semiaperto riesce a scorgerne solo la coda da diavolo.
Troppo da diavolo per non essere il diavolo.

Halloween Night - La festa e la notte di Halloween


Nella collina solitaria, irta di croci sull'occidente imporporato, dove non odesi mai canto di vendemmia, né belato d'armenti, c'è un'ora di festa, quando l'autunno muore sulle aiuole infiorate, e i funebri rintocchi che commemorano i defunti dileguano verso il sole che tramonta. Allora la folla si riversa chiassosa nei viali ombreggiati di cipressi, e gli amanti si cercano dietro le tombe.

Ma laggiù, nella riviera nera dove termina la città, c'era una chiesuola abbandonata, che racchiudeva altre tombe, sulle quali nessuno andava a deporre dei fiori. Solo un istante i vetri della sua finestra s'accendevano al tramonto, quasi un faro pei naviganti, mentre la notte sorgeva dal precipizio, e la chiesuola era ancora bianca nell'azzurro, appollaiata come un gabbiano in cima allo scoglio altissimo che scendeva a picco sino al mare. Ai suoi piedi, nell'abisso già nero, sprofondavasi una caverna sotterranea, battuta dalle onde, piena di rumori e di bagliori sinistri, di cui il riflusso spalancava la bocca orlata di spuma nelle tenebre.
Narrava la leggenda che la caverna sotterranea, per un passaggio misterioso, fosse in comunicazione colla sepoltura della chiesetta soprastante; e che ogni anno, il dì dei Morti - nell'ora in cui le mamme vanno in punta di piedi a mettere dolci e giocattoli nelle piccole scarpe dei loro bimbi, e questi sognano lunghe file di fantasmi bianchi carichi di regali lucenti, e le ragazze provano sorridendo dinanzi allo specchio gli orecchini o lo spillone che il fidanzato ha mandato in dono per i morti - un prete sepolto da cent'anni nella chiesuola abbandonata, si levasse dal cataletto, colla stola indosso, insieme a tutti gli altri che dormivano al pari di lui nella medesima sepoltura, colle mani pallide in croce, e scendessero a convito nella caverna sottostante, che chiamavasi per ciò «la Camera del Prete». Dal largo, verso Agnone, i naviganti s'additavano l'illuminazione paurosa del festino, come una luna rossa sorgente dalla tetra riviera.
Tutto l'anno, i pescatori che stavano di giorno al sole sugli scogli circostanti, colla lenza in mano, non vedevano altro che lo spumeggiare della marea, quando s'internava muggendo nella «Camera del Prete», e il chiarore verdognolo che ne usciva colla risacca; ma non osavano gettarvi l'amo. Un palombaro che s'era arrischiato a penetrarvi, nuotando sott'acqua, uno che non badava né a Dio né al diavolo, pel bisogno che lo stringeva alla gola, e i figliuoli che aspettavano il pane, aveva visto il chiarore ch'era lì dentro, azzurro e ondeggiante al pari di quei fuochi che s'accendono da sé nei cimiteri, il pietrone liscio e piatto, come una gigantesca tavola da pranzo, e i sedili di sasso tutt'intorno, rosi dall'acqua, e bianchi quali ossa al sole. L'onda che s'ingolfava gorgogliando nella caverna, scorreva lenta e livida nell'ombra, e non tornava mai indietro; come non tornò più quel poveretto che s'era strascinato via. L'estate, nell'ora in cui ogni piccola insenatura della riva risonava della gazzarra dei bagnanti, l'onda calma scintillava, rotta dalle braccia di qualche ragazzo che nuotava verso le sottane bianche, formicolanti come fantasmi sulla spiaggia. - Così quel prete, un sant'uomo, aveva perso l'anima e la ragione dietro i fantasmi delle terrene voluttà, il giorno in cui Lei - la tentazione - era venuta a confessargli il suo peccato, nella chiesetta solitaria ridente al sole di Pasqua, col seno ansante e il capo chino, su cui il riflesso dei vetri scintillanti accendeva delle fiamme impure. Da cent'anni le sue ossa, consunte dal peccato, posavano nella fossa, stringendosi sul petto la stola maculata. Ivi non giungevano gli strilli provocanti delle ragazze sorprese nel bagno, né il canto bramoso dei giovani, né le querele delle lavandaie, né il pianto dei fanciulli abbandonati. La luna vi entrava tacita dallo spiraglio aperto nella roccia, e andava a posarsi, uno dopo l'altro, su tutti quei cadaveri stesi in fila nei cataletti, sino in fondo al sotterraneo tenebroso, dove faceva apparire per un istante delle figure strane. L'alba vi cresceva in un chiarore smorto, che al fuggire delle ombre sembrava far correre un ghigno sinistro sulle mascelle sdentate. Il giorno lungo della canicola indugiava sotto le arcate verdognole, con un brulichìo furtivo di esseri immondi in mezzo all'immobilità di quei cadaveri.

Erano defunti d'ogni età e d'ogni sesso: guance ancora azzurrognole, come se fossero state rase ieri l'ultima volta, e bianche forme verginali coperte di fiori; mummie irrigidite nei guardinfanti rigonfi, e toghe corrose che scoprivano tibie nerastre. Dallo spiraglio aperto nell'azzurro entravano egualmente il soffio caldo dello scirocco, e i gelati aquiloni che facevano svolazzare come farfalle di bruchi le trine polverose e i riccioloni cadenti dai crani gialli. I fiori, già secchi di lagrime, si agitavano pel sotterraneo, come vivi, e andavano a posarsi su altre labbra rose dal tempo; e appena il vento sollevava i funebri lenzuoli, stesi da mani smarrite d'angoscia su caste membra amate, occhi inquieti di rettili immondi guardavano furtivi nelle ossa nude.
Poscia, nell'ore in cui il sole moriva sull'orlo frastagliato dello spiraglio, il ghigno schernitore di tutte le cose umane sembrava allargarsi sui teschi camusi, e le occhiaie vuote farsi più nere e profonde, quasi il dito della morte vi avesse scavato fino alla sorgente delle lagrime. Là non giungeva nemmeno il mormorio delle preci recitate all'altare in suffragio dei defunti che dormivano sotto il pavimento della chiesuola, e i singhiozzi dei parenti non passavano il marmo della lapide. Le raffiche delle notti di fortuna scorrevano gemendo sulla casa dei morti, senza lasciarvi un pensiero per coloro che in quell'ora erravano laggiù, pel mare tempestoso, coi capelli irti d'orrore al sibilo del vento nel sartiame; né un senso di pietà per le povere donne che aspettavano sulla riva, sferzate dal vento e dalla pioggia; né un ricordo delle lagrime che videro forse, nell'ora torbida dell'agonia, e che bagnarono quegli stessi fiori che adesso vanno da una bara all'altra, come li porta il vento. - Così le lagrime si asciugarono dietro il loro funebre convoglio; e le mani convulse che composero nella bara le loro spoglie, si stesero ad altre carezze; e le bocche che pareva non dovessero accostarsi ad altri baci, insegnano ora sorridendo a balbettare i loro nomi ai bimbi inginocchiati ai piedi dello stesso letto, colle piccole mani in croce, perché i buoni morti lascino dei buoni regali ai loro piccoli parenti che non conobbero. - Tanto tempo è passato, insieme alle bufere della notte, e al soffio d'aprile, colle ore che suonano uniformi e impassibili anch'esse sul campanile della chiesuola, sino a quella del convito!

A quell'ora tutti gli scheletri si levano ad uno ad uno dalle bare tarlate, coi legacci cascanti sulle tibie spolpate, colla polvere del sepolcro nelle orbite vuote, e scendono in silenzio nella «Camera del Prete», recando nelle falangi scricchiolanti le ghirlande avvizzite, col ghigno beffardo di tutte le cose umane nelle bocche sdentate.
Più nulla! più nulla! - Né la tua treccia bionda, che ti cade dal cranio nudo. - Né i tuoi occhi bramosi, pei quali egli sfidò il disonore e la morte, onde portarti il bacio delle labbra che non ha più. Ti rammenti, i baci insaziati che dovevano durare eterni? - E neppure i morsi acuti della gelosia, il delirio sanguinoso che mise in mano a quell'altro l'arma omicida. - Né le lagrime che si piangevano attorno a quel letto, e quel morente voleva stamparsi negli occhi dilatati dall'agonia. - Né le ansie delle notti vegliate in quella stanza già funebre, in quell'attesa già disperata. - Né le carezze con cui il caro bimbo pagava il latte di quel seno e i dolori di quella maternità. - E neppure le lotte in cui l'uno si è logorato. - Né le speranze che hanno accompagnato l'altro sin là. - Né i fiori del campo per cui si è tanto sudato. - Né i libri sui quali si è vissuto tanta e tanta vita. - Né la bestemmia del marinaio che stringe ancora le alghe secche nelle falangi contratte. - Né la preghiera del prete che implora il perdono dei falli umani. - E non l'azzurro profondo del cielo tempestato di stelle; né il tenebrore vivente del mare che batte allo scoglio. - L'onda che s'ingolfa gorgogliando nella caverna sotterranea, e scorre lenta e livida sulla «Tavola del Prete» si porta via per sempre le briciole del convito, e la memoria di ogni cosa.

Ora nel costruire la diga del molo nuovo, hanno demolito la chiesuola e scoperchiano la sepoltura. La macchina a vapore vi fuma tutto il giorno nel cielo azzurro e limpido, e l'argano vi geme in mezzo al baccano degli operai. Quando rimossero l'enorme pietrone posato a piatto sul piedistallo di roccia come una tavola da pranzo, un gran numero di granchi ne scappò via, e quanti conoscevano la leggenda, andarono narrando che avevano visto lo spirito del palombaro ivi trattenuto dall'incantesimo. Il mare spumeggiante sotto la catena dell'argano tornò a distendersi calmo e color del cielo, e scancellò per sempre la leggenda della «Camera del Prete».
Nel raccogliere le ossa del sepolcreto per portarle al cimitero, fu una lunga processione di curiosi, perché frugando fra quegli avanzi, avevano trovato una carta che parlava di denari, e molti pretendevano di essere gli eredi. Infine, non potendo altro, ne cavarono tre numeri pel lotto. Tutti li giocarono, ma nessuno ci prese un soldo.

Nel weekend uscita Amore 14


Regia: Federico Moccia
Artisti: Veronica Olivier, Beatrice Flammini, Flavia Roberto, Raniero Monaco Di Lapio, Giuseppe Maggio, Pamela Villoresi, Pietro De Silva, Emiliana Franzone, Riccardo Garrone, Alice Torriani, Cristina Marino, Giorgia Novelli, Andrea Mai-Beretta, Vittoria Antonimi, Giulio Mezza, Leonardo Bugiantella, Daniele La Leggia
Distribuzione: Medusa
Paese: Italia
Uscita Cinema: 30/10/2009
Genere: Commedia
Durata: 95 min
Trama: Dall'omonimo libro di Federico Moccia.
Carolina ha quattordici anni. Anzi 14. I suoi anni sono una bandiera, uno slogan, un diritto di cittadinanza. Li si vedono da lontano, gridano, cantano, parlano sottovoce. Carolina diventa grande e allora ecco la sua famiglia, il quartiere, le amicizie, i palpiti del cuore. Un po' ri rabbia e uno sguardo azzurro capace di contaminare il mondo. Un fratello più grande, violento e sbandato, una sorella che ha perso la voglia di sognare e disincantata si lascia portare allo "sporco della vita". Ma Carolina è forte, divertente e piena di fantasia volendo vivere tutte le esperienze che ha sentito raccontare dalla nonna che adora ... Carolina e un sogno che vuole ...

Inter: R.Mancini rescinde contratto


(ANSA) -MILANO, 30 OTT- Roberto Mancini ha rescisso il contratto che lo legava all'Inter fino al 2012. Concordata una buonuscita di 8 milioni di euro, rispetto ai circa 14 (2 anni piu' i mesi restanti della stagione in corso) che avrebbe incassato. Mancini figura nella lista dei possibili candidati ad allenare il Real Madrid in caso di esonero di Pellegrini. Il tecnico di Jesi proprio oggi aveva detto di sentirsi ''pronto per un'esperienza all'estero''.

Juve-Napoli Le probabili formazioni


TORINO - Juventus e Napoli si affrontano il 31 ottobre alle 18:00 allo Stadio Comunale per l'undicesimo turno del campionato di serie A.

IL TABELLINO:

JUVENTUS (4-2-3-1): 1 Buffon; 21 Grygera, 5 F.Cannavaro, 3 Chiellini, 6 Grosso; 4 Felipe Melo, 16 Poulsen; 16 Camoranesi, 28 Diego, 20 Giovinco; 17 Trezeguet.

Panchina: 13 Manninger, 19 Molinaro, 33 Legrottaglie, 29 De Ceglie, 30 Tiago, 40 Immobile, 11 Amauri. All. Ferrara

NAPOLI (3-4-3): 26 De Sanctis; 14 Campagnaro, 28 P.Cannavaro, 96 Contini; 11 Maggio, 23 Gargano, 21 Cigarini, 6 Aronica; 17 Hamsik, 19 Denis, 7 Lavezzi.

Panchina: 1 Iezzo, 2 Grava, 77 Rinaudo, 15 Datolo, 5 Pazienza, 12 Pià, 27 Quagliarella. All. Mazzarri

JUVENTUS - INDISPONIBILI Sissoko, Iaquinta, Caceres, Del Piero, Salihamidzic, Marchisio, Zebina SQUALIFICATI nessuno ALTRI Chimenti, Ariaudo DIFFIDATI Grygera, Legrottaglie.

NAPOLI - INDISPONIBILI Santacroce, Zuniga, De Zerbi SQUALIFICATI nessuno ALTRI Gianello, Hoffer, Rullo, Amodio DIFFIDATI Aronica, Rinaudo.

ARBITRO: Antonio DAMATO di Barletta (Maggiani-Pirondini-Saccani)

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Marrazzo, parla uno dei quattro Cc


Carlo Tagliente, uno dei quattro carabinieri arrestati nell'inchiesta sul caso Marrazzo, parla della serata in cui trovarono l'allora presidente della Regione Lazio con un trans. Era "un viados di pelle scura e noi non sapevamo cosa fare". "Saprò ricompensarvi, vi aiuterò nell'Arma", avrebbe detto Marrazzo secondo quanto dichiarato dallo stesso militare. "Quindi Marrazzo ci disse che avrebbe potuto aiutarci se avessimo voluto un trasferimento".

"Lui ci pregò con gli occhi lucidi di non fare nulla perché ci diceva 'io ho una mia dignità e la mia posizione... vi prego... aiutatemi ... saprò ricompensarvi'", prosegue Tagliente nelle sue dichiarazioni spontanee agli atti dell'inchiesta e già nella disponibilità delle parti in vista dell'udienza del tribunale del riesame.

Lo stesso Tagliente aggiunge che, non avendo individuato "nessuna cosa pertinente a qualunque tipo di reato" e visto che non sapeva "veramente cosa fare" insieme al suo collega decise di andarsene "senza fare nulla per timore della personalità".

Sempre a dire di Tagliente, "circa 15 giorni dopo" lo stesso confidente che gli aveva segnalato un festino in corso con dei trans - segnalazione che aveva portato lui e Simeone nell'abitazione dove si trovava Marrazzo - gli disse che "era entrato in possesso, senza specificare come, di un video che ritraeva il citato presidente Marrazzo mentre si trovava in compagnia di un trans in atteggiamenti ambigui". Il trans non era però lo stesso perché "era un trans biondo, questa volta".

Tagliente racconta ancora che "nei primi giorni di luglio", probabilmente il 3, un suo confidente - Guianguarino Capasso, poi morto d'infarto - segnalò a lui e al suo collega Luciano Simeone "che si stava svolgendo un festino con dei trans all'interno di un appartamento in via Gradoli". I due militari andarono sul posto (era verso ora di pranzo), bussarono, qualificandosi come carabinieri. "Aprì un viados di pelle scura, moro di capelli. Noi entrammo e ci trovammo di fronte una persona di sesso maschile che riconoscemmo subito essere il presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo. Alla vista di questa personalità ci trovammo in gravissimo imbarazzo", anche perché Marrazzo era seminudo "per cui non sapemmo veramente cosa fare".

"Prima di andarmene - continua - su sua richiesta, gli lasciai l'utenza ... che utilizzavo normalmente per i contatti con i confidenti". Un'utenza di cui però il carabiniere si sarebbe disfatto "circa 10 giorni dopo perché ero intimorito, imbarazzato dalla possibilità che lui potesse chiamarmi... non volevo ricevere la sua chiamata".

Il carabiniere aggiunge che Capasso gli dette il video, che lui e Simeone nascosero "in una zona di campagna sulla via Trionfale vicino al ponte nuovo". Da quel momento comincia la ricerca di un acquirente, con la collaborazione degli altri presunti complici del ricatto. Attraverso due canali: quello con un imprenditore, che però "non ha portato a nulla", e quello con Max Scarfone, il fotografo collaboratore dell'agenzia Masi di Milano.

Tagliente riferisce di aver ricevuto dai titolari dell'agenzia l'offerta di 50mila euro, che "noi valutammo positivamente". Qualche giorno dopo, però, preoccupati da alcuni episodi, come la presenza di un carabiniere del Ros che sembrava controllarli, "decidemmo di distruggere il video e chiudere questa vicenda che - dice Tagliente - mi pento veramente di avere iniziato". Il cd venne "spaccato in più pezzi" che furono gettati "in un bidone dell'immondizia vicino alla caserma sede della Comapgnia Trionfale".

Napoli, preso boss Salvatore Russo


Salvatore Russo, capo dell'omonimo clan camorristico attivo nell'agro nolano è stato catturato all'alba dagli agenti della Squadra mobile di Napoli. L'uomo, condannato all'ergastolo per omicidio e associazione mafiosa, è inserito nell'elenco dei trenta ricercati più pericolosi d'Italia. Russo era latitante dal 1995.


Salvatore Russo era latitante da circa 15 anni così come il fratello Pasquale, tuttora ricercato dalle forze dell'ordine. Un tempo erano al vertice del clan guidato dal boss Carmine Alfieri, oggi pentito. La vita criminale dei fratelli Russo inizia negli anni settanta, dopo aver stretto legami con il clan di Mario Fabbrocino e contatti con Michele Zaza e quindi con la mafia siciliana.

Russo era ricercato per associazione di tipo mafioso, omicidio, occultamento di cadavere e altri reati. Il 15 aprile del 1994 erano state diramate anche le ricerche in campo internazionale.

Gf10, Daniela è stanca Vuole lasciare la Casa


A meno di cinque giorni dall'inizio il Grande Fratello 10 rischia la sua prima defezione. "Ho deciso di eliminarmi, perché questi quattro giorni mi sembrano quaranta, ma vorrei che foste voi ad eliminarmi lunedì, così da non penalizzarvi uscendo di mia spontanea volontà" , ha detto Daniela, l'imprenditrice sarda di 32 anni, ai suoi coinquilini radunati tutti nel salone della casa di Cinecittà per ascoltarla.

La concorrente sarda aveva cominciato a dare segni di insofferenza già da giovedì. Verso l'ora di cena, infatti, Daniela aveva avuto qualche screzio con Massimo per la spesa. Poi, per tutta la sera, aveva parlato dei motivi per cui non intendeva restare oltre nella Casa, accusando anche George di essere falso. "Mi scuso per il comportamento di ieri sera, ho avuto un momento di stress, non perché non sto bene con voi ma perché negli ultimi tre anni ne ho accumulato troppo. Avevo pensato che venire qui sarebbe stato come una vacanza", ha proseguito stamane la concorrente sarda, che ha più volte sottolineato come gli mancasse suo marito e la sua terra. "Vorrei essere eliminata lunedì, sono nervosa e non voglio che accada più. Voi, comunque, mi avete fatto sentire come se fosse in famiglia". Il gruppo ha accolto lo sfogo della ragazza, che dopo essersi liberata da questo peso, quasi commuovendosi, li ha ringraziati dicendo: "Grazie a tutti, vi voglio bene". Chissà che Daniela non possa ripensarci.

domenica 25 ottobre 2009

Lavori in pittura


Lavoro effettuato in stucco antico eseguito a Napoli

Lavoro in cemento


Queste sono alcune foto dei lavori eseguiti da ideal costruzioni localita Paesi vesuviani.

Ideal Costruzioni


Benvenuti nel Blog Ideal Costruzioni blog dedicato ai lavori di Ideal Costruzioni situata in Boscoreale NA.La ditta Ideal Costruzioni è nata da oltre 10 anni e fin ora ha completato migliaia di lavori.
Tra i lavori piu importanti ricordiamo alcuni ristoranti del luogo,che hanno ristrutturato i loro locali.Ideal Costruzioni effettua tutti i lavori cementizi e di pittura esterna e interna.
Il titolare e Patrizio Mastroianni,teniamo molto alla nostra attivita,siamo pronti ad accontentare tutti i nostri clienti.
Proponiamo prezzi di concorrenza a tutte le ditte edilizie,con rispetto e stima dei titolari.
Siamo molto vicino ai problemi della gente quindi prezzi modici accessibili a tutti.
Effettuiamo preventivi on line gratis.
Adoperiamo nuovi sistemi edilizi per risolvere i piu svariati problemi che assillano le persone.
I nostri recapiti sono:
Email:patrizioidealcastruzioni@live.it
Cell:3392552504
tel:0818582212